Accusati di estorsione, consumata e tentata, e usura, aggravate dal metodo mafioso, nonché detenzione illegale di armi, sei soggetti affiliati al clan Pesce-Pistillo di Andria sono stati arrestati dalla Polizia su richiesta della Dda di Bari.
Tra gli indagati colpiti dal provvedimento, agli arresti domiciliari è finito un avvocato al quale le vittime di usura si erano rivolte per ottenere aiuto. Il professionista, secondo l’accusa, incurante delle conseguenze delle sue condotte, anziché adire le vie legali avrebbe deciso di mettere in contatto le vittime con esponenti della criminalità, i quali, dopo aver assunto la titolarità del credito, avrebbero attuato una serie di reiterate condotte estorsive con l’impiego del metodo mafioso.
L’avvocato, perfettamente consapevole del calibro criminale, avrebbe favorito un incontro tra le vittime e alcuni degli indagati, convocando questi ultimi nel suo studio proprio per concordare i tempi della restituzione delle somme dovute. In quest’occasione sarebbe stata pattuita una dilazione del pagamento della somma di 23.000 euro che, dopo soli venti giorni, sarebbero divenuti 40.000.
Il professionista avrebbe fornito un contributo agevolato alla consumazione del reato favorendo, con le sue affermazioni, la definizione dell’accordo divenuto estorsivo, attribuendosene addirittura i meriti e affermando di aver “chiuso l’operazione”, in tal modo contribuendo alla pressione psicologica nei confronti delle vittime.
Sarebbe poi seguita un’impennata di violenza da parte degli indagati, tra cui congiunti del clan Pesce, che hanno preteso ed ottenuto – passando anche alle vie di fatto – il capitale iniziale e un’ulteriore somma di decine di migliaia di euro richiesta senza alcun titolo anche dai familiari delle vittime.
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