Non c’è un umore altissimo nella piazza barese, è vero, ma parlare di negatività numeri alla mano penalizza una tifoseria che anche quest’anno sta rispondendo presente in massa. Il capitano non cerca alibi, sa che la sua squadra non sta rendendo secondo le aspettative di una città che dopo l’11 giugno ha più di un motivo per non avere l’umore alto. Da una parte la finale playoff persa è una cicatrice che fa ancora fatica a rimarginarsi. Il gol di Pavoletti ha fatto male e chissà per quanto altro tempo tornerà alla mente di tifosi e protagonisti di quella gara. La reazione a quell’evento non è stata proprio di petto: riflessioni, modulazione di un budget che ha visto le cessioni di Caprile e Cheddira e l’arrivo di giocatori importanti, che erano ai margini delle loro squadre precedenti negli ultimi giorni di mercato. Dall’altra l’inizio, rispetto a quello dello scorso anno, è stato completamente diverso. Dalle 4 vittorie e 3 pareggi che avevano portato 15 punti alla vittoria, i 5 pareggi e la sconfitta di quest’anno che relegano il Bari a metà classifica con soli 8 punti e una partita, quella con il Como, che diventa importantissima sia per il morale della piazza che per quello della squadra, chiamata adesso a regalare e regalarsi la prima gioia. La tifoseria dal canto suo ha risposto con oltre 20mila spettatori di media in casa e mille persone in trasferta, anche a metà settimana, anche quando il giorno c’è da lavorare. La delusione c’è, la negatività è un concetto opinabile, che può essere curato con la vittoria, unica medicina che allevia questi mali.
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