Tre delle quindici persone imputate per le presunte torture avvenute lo scorso 27 aprile nel carcere di Bari, a danno di un detenuto con patologie psichiatriche, hanno chiesto di essere aggiudicate con il rito abbreviato.
Si tratta di Domenico Coppi, sovrintendente della polizia penitenziaria, Roberto Macchia, agente di polizia giudiziaria, e di Gianluca Palumbo, medico dell’infermeria del carcere. Un’infermiera, indagata per omessa denuncia, ha chiesto invece la messa alla prova.
Le richieste sono state avanzate lunedì 24 aprile nel corso dell’udienza tenutasi nell’aula bunker di Bitonto. Nel stessa udienza c’è stata anche la costituzione come parte civile della persona offesa. Il 2 maggio, invece, discussione dell’udienza preliminare e l’eventuale ammissione dei riti abbreviati.
Gli altri imputati, otto dei quali agenti di polizia penitenziaria, hanno scelto di proseguire con rito ordinario. Nell’inchiesta, coordinata dalla pm Carla Spagnuolo e dall’aggiunto Giuseppe Maralfa, viene contestato a sei agenti della penitenziaria il reato di tortura in concorso.
Secondo l’accusa, il 27 aprile i sei intervennero nella cella del detenuto, un 41enne di Bari, dopo che questi aveva dato fuoco a un materasso: nel trasportare l’uomo dalla cella all’infermeria, il personale sarebbe intervenuto “con plurime condotte violente dispiegatesi nell’arco temporale di circa quattro minuti” sottoponendolo “a un trattamento inumano e degradante”.
Gli investigatori ritengono che “alcuni agenti lo avrebbero bloccato sul pavimento e, con violenze gravi e agendo con crudeltà”, lo avrebbero preso a calci (sulla schiena, sul volto e sul torace) e schiaffi. Con loro – viene contestato dall’accusa – c’erano altri agenti che, pur avendo assistito alla scena, non sarebbero intervenuti. Nel referto medico successivo al ricovero del 41enne in infermeria, poi, non sarebbero state riportate le ferite.
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