Tre imprenditori e un dirigente comunale sono state arrestati e posti ai domiciliari dal nucleo di Polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Taranto nell’ambito di una inchiesta su appalti e affidamenti diretti assegnati dal Comune di Statte.
Si tratta di Vincenzo La Gioia, responsabile del settore ‘Assetto territorio e sviluppo economico’ del Comune; e degli imprenditori Marco Moscaggiura, Oronzo Moscaggiura e Amedeo Pesare. Le accuse, a vario titolo, sono di corruzione e turbativa d’asta. L’ordinanza di custodia cautelare, con l’applicazione del braccialetto elettronico, è stata firmata dal gip di Taranto Rita Romano su richiesta del pubblico ministero Lucia Isceri.
In tutto sono nove gli indagati. Secondo l’accusa, il dirigente comunale avrebbe alterato gare d’appalto e concesso affidamenti diretti per concedere alle imprese riconducibili a Marco Moscaggiura una serie di servizi ottenendo in cambio ‘mazzette’ del valore pari al dieci per cento degli appalti. Tra le gare finite all’attenzione delle fiamme gialle anche l’affidamento di pulizia e manutenzione degli immobili comunali e la gestione di servizi integrati.
L’indagine è partita dopo accertamenti su un appalto della durata di quattro mesi e del valore di 147mila euro. Il dirigente comunale La Gioia avrebbe pattuito con Marco Moscaggiura (amministratore di fatto delle società Tecno Gf Service srl, Oemmedi Costruzioni e Angelo blu società cooperativa) una tangente di 14.700 euro, pari al 10%, da versare in quattro rate una volta accreditato dal Comune il pagamento.
I due indagati, secondo la Polizia giudiziaria, avevano già concordato le date e i luoghi dove, previ accordi telefonici, sarebbero state consegnate le tangenti. La provvista per far fronte ai pagamenti sarebbe stata prelevata dai conti correnti intestati alla società, simulando con artifici contabili, esborsi per anticipazioni all’amministratore e/o ai soci, o per il pagamento di fittizi contributi e sponsorizzazioni in favore di diverse associazioni.
Nei confronti di La Gioia il gip ha disposto il sequestro preventivo di somme di denaro fino all’importo di circa 83mila euro, considerato profitto complessivo della corruzione. In caso di incapienza è previsto il sequestro preventivo per equivalente di beni immobili o mobili, titoli, azioni o strumenti di investimento.
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