MONTALBANO JONICO – Dopo i funerali celebrati ieri a Guidonia, la salma del Tenente Colonnello Giuseppe Cipriano – morto nello scontro aereo avvenuto martedì scorso nei pressi della base aerea del 60° Stormo che ha causato la morte anche del Maggiore Marco Meneghello – ha fatto ritorno a Montalbano Jonico (Mt) per la cerimonia religiosa e la successiva sepoltura nel paese in cui ha vissuto e in cui vive la sua famiglia. “Un uomo eccezionale – ha detto il sindaco del centro materano nonché Presidente della Provincia di Matera, Piero Marrese – ha dato coraggio a tanti giovani e dato lustro alla nostra città per le sue qualità professionali e umane. È un momento difficile per tutti noi e la presenza di così tanta gente vuole appunto dimostrare l’onore che ha dato a tutti noi e alla Basilicata tutta”, ha concluso. Don Massimo Ferraiuolo, parroco di Montalbano Jonico, ha aggiunto: “Un dolore grande. La speranza è che il suo sacrificio sia esempio di vita per la nostra comunità”.
Alle 15.00 di questo pomeriggio una messa in ricordo di Cipriano è stata celebrata dall’Arcivescovo di Matera-Irsina e Tricarico, Mons. Caiazzo. Ecco il testo della sua omelia.
Silenzio, vicinanza, partecipazione al dolore che improvvisamente è entrato nei cuori di tutti i familiari di questo nostro fratello. Come cristiani (è questo d’altronde il motivo per cui ci troviamo in questa chiesa)eleviamo tanta preghiera per il nostro fratello Giuseppe, Tenente Colonnello dell’Aeronautica Militare Italiana, esprimendo vicinanza per tutti i parenti.
Ogni morte procura lacerazione e dolore, perché è sempre ingiusta. Lo è in particolare questa che ci lascia senza parole da una parte ma ci apre spiragli di luce dall’altra.
Nel brano evangelico che abbiamo ascoltato ci viene presentato un incontro di un uomo con Gesù, sulla strada. Secondo l’evangelista Matteo doveva essere abbastanza giovane. Un giovane uomo che va incontro a Gesùponendo domande ben preciseche riguardano la vita e la vita eterna.
Sicuramente è alla ricerca di risposte per daresenso alla sua vita. Così come lo siamo noi. Ha tutto, si è affermato, è rispettato dagli altri che lo stimano e si congratulano per il successo avuto. Ma in questo giovane traspare un altro desiderio: vivere l’avventura dell’amore, cercando rispostealle provocazioni della sofferenza e della morte, relazioni sincere e costruttive.
Io non ho avuto modo di conoscere Giuseppe ma mi pare di aver capito che la sua vita sia stata molto simile a quella di questo giovane che prima delle parole, è stato attratto dallo sguardo di Gesù: “Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse…”.
Non vi pare che questa immagine ci rammenta che Gesù incontra sempre ogni uomo lungo la strada? Eppure per Giuseppe, l’incontro decisivo è avvenuto su quella strada di Guidonia, sulla quale, come ultimo atto d’amore, ha sacrificato la sua vita.
Se è vero che Gesù si prende cura di noi, è altrettanto vero che Giuseppe si è preso cura di tante famiglie sacrificando la sua vita a favore degli altri. Ci rimanda esattamente al sacrificio di Gesù Cristo sulla croce, morendo per noi tutti, per illuminare anche questo momento di buio.
Lo sguardo di Gesù, in questo momento, lo vedo rivolto verso tutti noi, in particolare verso i familiari, i genitori, la figlia, la compagna, i fratelli. E’ uno sguardo di misericordia, misto a dolcezza e a pianto. E’ lo sguardo che sa illuminare le tragedie della vita, come in questa occasione. Ma c’è di più, nella fede che professiamo, altrimenti non avrebbe senso celebrare le esequie in chiesa. Come cristiani vediamo lo sguardo del Dio che si è fatto carne, è morto e risorto, capace di accoglierenella sua infinita tenerezza la vita di Giuseppe, al quale è stata tolta la vita in modo così tragico e ingiusto insieme all’amico Colonnello Marco Meneghello. Eppure questo momento si trasforma nell’abbraccio di Dio che li ha accolti nel regno della vita.
Il giovane del vangelo elenca tutte le opere buone che ha sempre fatto, la sua fedeltà ai valori più sacri della vita. Però non è capace di dare la vita per gli altri, e se ne va triste, allontanandosi da Gesù. Giuseppe, diversamente da questo giovane, la sua vita l’ha offerta. Resterà per tutti noi una ricchezza grandiosa, soprattutto per te mamma Ginetta, papà Filippo, figlia Chiara, fratelli Alessio e Mario.
In questo sguardo di Gesù, dovete saper raccogliere, quanto il vostro caro Giuseppe, ha saputo seminare, durante la sua vita. Il bene che ha lasciato come eredità, se rimarrà radicato nei vostri cuori, non si disperderà mai.
Lui che amava l’aeronautica, amava volare e solcare i cieli azzurri, ora ha solcato quei cieli che nessun mezzo dell’aeronautica militare è in grado di penetrare: ha solcato i cieli eterni per atterrare dolcemente nella gloria di Dio che gli sta permettendo già di guardare, amare e abbracciare in modo nuovo.
Ma lo sguardo di Gesù ci parla, indicandociquella bellezza della carità che San Paolo ci ha presentato nella prima lettura. Questa carità è la pienezza dell’amore che diventa aiuto nella fatica, speranza nel buio, vita vera che abita il nostro cuore, promessa per i desideri buoni della nostra vita.
Carissimi familiari, vorremmo esservi ancor più vicini, per lenire la vostra sofferenza, però sappiate che in questi giorni in tutta la nostra Chiesa di Matera-Irsina, tanta preghiera è stata elevata al Dio della vita, e tanto affetto non espresso magari in gesti e parole. Non sentitevi soli nel vostro dolore, come comunità cristiana vi siamo vicini.
Vi chiedodi non spegnere la speranza: continuate a custodire dentro di voi l’amore e la stima per la vita. Lo dico soprattutto alla mamma che la vita l’ha costretta ad avere in questi giorni il travaglio di un parto molto più doloroso di quando ha messo al mondo Giuseppe. Lo dico anche alla giovane figlia che si sente privata dell’affetto paterno. Noi tutti abbiamo bisogno anche della tua testimonianza di giovane aperta alla vita e desiderosa di continuare la missione di papà a servizio della vita.
Chiudo con un pensiero del Venerabile D. Tonino Bello che, in una inedita omelia, in occasione della morte di un giovane, diceva: “Se non fossi certo di offendere in questo momento il dolore di tutti, mi verrebbe il desiderio di commentarvi la frase di un celebre poeta latino “Quem dii diligunt, adulescensmoritur”, “Muore giovane, colui che al cielo è caro” (La frase è di Plauto).
Ma mi sembra un imperdonabile sacrilegio il solo tentativo di lenire la vostra amarezza con la debole retorica di un pagano. Sono troppo crudeli le circostanze che hanno accompagnato questa morte penosa, perché possano bastare le vuote parole degli uomini”.
Vi affido tutti alla Madonna Addolorata che ai piedi della croce raccoglie la missione di testimoniare, nonostante la spada le abbia trafitto l’anima, l’amore per quanti il Figlio, Gesù, le ha affidato, custodendo nel suo cuore ogni cosa e meditandola.
Così sia.
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