Il rapimento dell’imprenditore tessile barlettano aveva una organizzazione articolata: una prima macchina, una Lancia Y, si era posizionata davanti alla sede dell’azienda in attesa che l’imprenditore barlettano uscisse dalla sua Toyota “tutta scassata”, come veniva definita nelle intercettazioni. Un’altra auto, una Fiat 500, era pronta a raggiungere la casa dell’uomo, dove c’erano sua moglie e sua figlia, per bloccarle in attesa del riscatto. Una terza auto, che gli inquirenti non hanno intercettato, aveva a bordo tre persone in giacca e cravatta, che avrebbero probabilmente finto un controllo fiscale.
Gli investigatori, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Bari, sono riusciti a ricostruire i dettagli del sequestro proprio grazie alle intercettazioni. Le indagini hanno permesso di scoprire che un primo commando avrebbe dovuto aspettare l’imprenditore all’uscita dall’azienda, un secondo avrebbe dovuto fare irruzione a casa sua per bloccare moglie e figlia. legandole con scotch e corde.
Il segnale per dare il via all’operazione sarebbe stata proprio l’uscita della Toyota dal parcheggio dell’azienda. Le forze dell’ordine sono intervenute simulando l’uscita dell’auto dell’imprenditore. A quel punto il commando si è mosso, permettendo agli agenti di bloccare una prima auto e di sequestrare scotch, corde e una mazza. L’uomo a bordo è stato indagato a piede libero. Indagini successive hanno confermato le prove raccolte e permesso di arrestare i sette presunti responsabili.
Giuseppe Battista, gip del Tribunale di Bari, ha disposto la misura cautelare in carcere nei confronti di Amerigo Elia detto Rino (57 anni), Giuseppe Lapenna (49), Luigi Pistillo detto Gino (39), Savino Gorgoglione (37), Paolo Antolino (51), Giovanni Matarrese (55) e Vincenzo Zicchillo (26). Dovranno rispondere di tentato sequestro di persona a scopo di estorsione, aggravato dall’aver commesso il fatto con “metodo mafioso”.
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