MOLFETTA – Ancora problemi al pronto soccorso dell’ospedale Don Tonino Bello di Molfetta. Ecco in merito la nota di Saverio Tammacco, capogruppo de ‘Per la Puglia’: “Che la situazione dei pronto soccorso degli ospedali pugliesi sia critica, è storia nota. Ma all’ospedale Don Tonino Bello di Molfetta, alle ormai note criticità si aggiunge la beffa per i cittadini che per essere visitati non solo devono attendere una media di quattro/cinque ore, ma devono farlo in un gabbiotto che non riesce ad ospitarli tutti e quando piove, quelli che non riescono a ripararsi aspettano sotto le grondaie, al freddo. Una condizione inaccettabile se si considera che chi va al pronto soccorso ci va perché sta male e non certo per passare il tempo. Con il rischio di aggravare le proprie condizioni di salute. Un paradosso per un luogo deputato a offrire salute.
E ancora: “Il 2 gennaio scorso ho constatato con i miei occhi questa situazione. Grazie alla segnalazione di alcuni cittadini, mi sono sentito in dovere di vivere insieme a loro l’esperienza dell’attesa. Un’ esperienza che, a me che stavo bene, dopo quattro ore di attesa ha regalato febbre, raffreddore e perdita della voce. Il mio ringraziamento a nome di tutti va alla Asl di Bari: perché non c’è ancora una sala d’attesa degna di questo nome; perché la struttura mobile fuori dall’ospedale che ospita gli utenti è stata spostata di alcuni metri per far spazio ai lavori della nuova sala; perché i lavori cominciati ad ottobre che sarebbero dovuti terminare a novembre, sono stati sospesi e non sono mai ripresi. Quale sia la ragione dell’interruzione non è dato sapere. Eppure stiamo parlando di un’opera già programmata e finanziata. A ciò si aggiunga poi la carenza di personale medico ed infermieristico che si aggrava ogni giorno di più, i pazienti che sono costretti a restare allettati nel pronto soccorso perché nei reparti ci sono i pazienti covid”.
Chiosa finale: “È arrivato il momento di decidere se chiudere il pronto soccorso, perché così come si presenta oggi è una struttura da terzo mondo. E i cittadini non meritano un simile trattamento”.
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