FOGGIA- “La questione foggiana ha finalmente assunto, a tutti i livelli, l’attenzione che meritava, con un importante investimento di risorse per rendere più efficiente l’attività di contrasto”. Queste le parole del procuratore generale della Corte di Cassazione Giovanni Salvi che ha anche evidenziato come la mafia foggiana si caratterizzi “per forme specifiche e per il ricorso ancora attuale alla violenza, sia per il controllo del territorio che nel rapporto con le attività produttive”.
In Capitanata il fenomeno mafioso tradizionalmente distinto in società foggiana, mafia garganica, malavita cerignolana e gruppi del Tavoliere si conferma fluido e flessibile. La pressante azione di contrasto dello Stato ha costretto i clan a rimodulare le proprie strategie orientandole verso un modello imprenditoriale che si attua anche attraverso la cooperazione di altri “attori” esterni al loro nucleo organizzativo.
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Quanto alla recrudescenza delle reiterate ed eclatanti forme di aggressività delle azioni criminali rivolte anche all’indirizzo di liberi professionisti per lo più imprenditori/commercianti si segnala come le stesse siano rappresentative non solo di chiari segnali di intimidazione e forza ma anche dell’impellente bisogno dei clan di rafforzare la propria immagine sul territorio compromessa dalle pesanti perdite subite dall’azione di contrasto, dalla persistente opera di antimafia sociale, dalle recen
ti sentenze di condanna e non ultime dalle nuove forme di collaborazione con la giustizia.
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La tendenza delle consorterie mafiose a manipolare per i propri scopi le reti di relazioni a disposizione è emersa più volte nel passato e anche nel periodo di riferimento tale astuta duttilità operativa tipica di una vera e propria lobby economico-imprenditoriale trova conferma.
I numerosi provvedimenti interdittivi, per esempio, emessi dal Prefetto e lo scioglimento del comune di Foggia del 6 agosto 2021 sono la chiara testimonianza dell’elevato grado di capacità dei sodalizi di stringere a livello locale relazioni diversificate e ad alta densità. La governance che interessava l’ente territoriale dauno improntata al perseguimento di interessi privati a danno del primario interesse pubblico alla legalità unitamente a un contesto pervaso dalla presenza della criminalità organizzata di tipo mafioso ha favorito forme di condizionamento ambientale quale conseguenza della commistione tra business criminali e politico-amministrativi. Riguardo a questi ultimi le attività di contrasto possibili grazie alla presenza degli anticorpi istituzionali che rappresentano i principali argini alle cd. zone grigie hanno permesso di svelare circuiti di malaffare attivi nell’esercizio della funzione pubblica.
Le tre storiche batterie e la capacità di rimodularsi
Nonostante i timidi tentativi scissionistici da parte di alcuni soggetti, nella città di Foggia continuano a convivere le tre storiche batterie dei Sinesi-Francavilla, Moretti-Pellegrino-Lanza e Trisciuoglio-Prencipe-Tolonese. Provate dalla costante pressione investigativa e giudiziaria e dalle conseguenti condanne che le hanno private di quasi tutte le figure decisionali ed operative le consorterie hanno mostrato una sorta di ricompattamento. È questa la connotazione peculiare della società foggiana che, come mafia “camaleontica” al passo con la modernità, tende costantemente a rimodularsi secondo l’assetto operativo più idoneo al superamento delle difficoltà contingenti fra cui l’esigenza di liquidità.
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Il reclutamento delle nuove leve: l’allarme sociale delle baby gang
Anche a causa delle sempre più pressanti difficoltà economiche del territorio la continuità dell’attività criminale delle batterie continua ad essere garantita dalla facile possibilità di reclutamento di nuove leve molte delle quali provenienti dal bacino della criminalità comune la cui osmosi con quella organizzata è continua. La pericolosità di tale compenetrazione diventa ancor più accentuata laddove il serbatoio da cui attingere nuove risorse criminali annoveri rampolli di famiglie mafiose. Tale spaccato è confermato dalle indagini concluse dalla Polizia di Stato 30 novembre 2021 nei confronti di giovanissimi componenti di baby gang le cui azioni criminali avevano destato un forte allarme sociale. Nell’ultima indagine è emerso il ruolo di un pregiudicato per reati di natura predatoria “punto di riferimento nell’ambito della micro-criminalità locale” unito per legami di sangue ad un elemento di spicco della batteria Sinesi-Francavilla.
Tale articolazione della società foggiana proietta l’azione criminale anche in provincia attraverso proprie cellule e alleanze con la criminalità mafiosa garganica (Li Bergolis) e sanseverese (gruppo Nardino), nonché in chiave extraregionale con quella siciliana e calabrese.
La scarcerazione di un boss apicale del 28 marzo 2022
Se i recenti equilibri di potere hanno sfavorito particolarmente il clan Sinesi –Francavilla il nuovo regime detentivo domiciliare accordato in favore di figure di rilievo della compagine potrebbe rinvigorire le ambizioni di tale consorteria. Sotto il profilo evolutivo non si esclude che la recentissima scarcerazione del 28 marzo 2022 di un elemento apicale collocato ai vertici della batteria mafiosa unita allo stato di detenzione non inframuraria del fratello possano costituire fattori importanti per ridisegnare i tratti criminali del panorama mafioso della provincia di Foggia.
Traffico di stupefacenti, estorsioni e riciclaggio: ex Romito e criminalità Orta Nova
Schierata in favore della batteria Moretti-Pellegrino-Lanza è la consorteria mafiosa dei Trisciuoglio-Prencipe-Tolonese che sviluppando sinergie con elementi mafiosi di Manfredonia (gruppo ex Romito) e con esponenti della criminalità di Orta Nova risulta attiva soprattutto nei settori del traffico di stupefacenti, delle estorsioni e del riciclaggio di denaro in attività commerciali.
Il passaggio da mafia militare a mafia degli affari: la capacità imprenditoriale. Romito contro Li Bergolis
In ordine agli assetti ed alle strategie operative della criminalità organizzata garganica l’operazione “Omnia Nostra” ha permesso di contestualizzare e collegare una serie imponente di dinamiche, equilibri ed assetti strutturali della macro-area del Gargano da sempre al centro delle strategie operative delle consorterie di tutta la provincia di Foggia. Il robusto compendio investigativo raccolto in seno all’inchiesta ha fornito la chiave di lettura delle formazioni criminali ascrivibili originariamente al clan Romito ora Romito-Lombardi-Ricucci ritenuto capace di rimodularsi secondo nuove strutture dettate dalle figure più carismatiche che si sono succedute a seguito della strage di San Marco in Lamis del 9 agosto 2017. Il clan ex Romito infatti seppur oggettivamente indebolito dall’eliminazione degli elementi di vertice e dalla detenzione dei più qualificati luogotenenti è riuscito a garantire la sua operatività attraverso una rete relazionale tipica dei modelli familistici ed un circuito di soggetti di ruolo secondario che hanno generato un sottobosco funzionale alle attività illecite fronteggiando una faida di matrice mafiosa durata 15 anni contro uno dei sodalizi più feroci e radicati nel territorio come quello dei Li Bergolis (Montanari) peraltro radicandosi nel tessuto economico dell’intera area geografica. Le indagini avrebbero, inoltre, evidenziato il modus operandi dei componenti del clan che da modello di mafia militare protetto da una diffusa sensazione di impunità e da una condizione di assoggettamento ed omertà è passato ad un più evoluto schema operativo di mafia degli affari con una penetrante capacità di infiltrazione nei comparti economici legati alle principali risorse del territorio segnatamente la pesca e l’agricoltura.
Proprio nel comparto agro-pastorale è emersa la consumazione di attività estorsive e di truffe in danno dell’INPS mediante l’indebita percezione di provvidenze. L’infiltrazione si realizzava attraverso l’acquisizione di terreni con titoli di possesso in forza dei quali richiedere i sussidi UE ed attività estorsive realizzate mediante l’imposizione di assunzioni lavorative di soggetti vicini o assoggettati all’organizzazione mafiosa. Grazie ad una fama criminale acquisita per avere rivestito nel tempo un ruolo di primo piano nel percorso evolutivo della mafia garganica i componenti dell’associazione avevano il controllo egemonico del territorio sviluppato e strutturato in virtù dei legami con esponenti dei principali clan del Gargano nonché attraverso le lungimiranti sinergie con la batteria foggiana dei Moretti-Pellegrino-Lanza al fine di acquisire il controllo delle attività illecite ed ampliare la propria influenza verso le aree di Vieste, San Marco in Lamis, Apricena e Torremaggiore.
A fronte della menzionata capacità imprenditoriale, inoltre, il clan ex Romito ha continuato a sviluppare sul territorio in un’ottica di espansione a scapito dell’avverso clan dei Li Bergolis un forte controllo attraverso i tradizionali settori illeciti delle estorsioni, delle rapine ai portavalori e non ultimo del traffico di sostanze stupefacenti nel cui ambito la cittadina rivierasca di Vieste era diventata obiettivo primario del sodalizio. Lo smercio della droga nel territorio di competenza rappresentava, infatti, una fonte di finanziamento dell’associazione astutamente curato “attraverso l’imposizione di una metodologia mafiosa, secondo schemi operativi paralleli a quelli riguardanti gli inserimenti della medesima associazione nel tessuto economico locale”.
Le nuove leve a San Severo e i Padula- Cursio nell’Alto Tavoliere
Peraltro, la criminalità organizzata sanseverese, privata di quasi tutti i vertici storici, avrebbe lasciato ampi spazi ai tentativi di affermazione di nuove leve criminali.
Si cita il caso di un pregiudicato in ascesa nel popoloso quartiere di San Bernardino e che avrebbe preso le redini della storica famiglia Spinazzola-Della Fazia da tempo egemone in quell’area e intorno alla quale orbitano anche i gruppi locali dei Colapietra e De Cesare-Russi. Ancora dall’operazione “Coffee Shop” condotta dalla Polizia di Stato il 27 ottobre 2021 e incentrata sullo spaccio di sostanze stupefacenti nel rione di San Severo è emerso che attorno al gruppo criminale capeggiata da due figure storiche della criminalità sanseverese orbitavano anche nuove leve.
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Nell’Alto Tavoliere e precisamente ad Apricena sembrerebbero registrarsi segnali di slancio del gruppo Padula-Cursio contrapposto ai Di summa-Ferrelli grazie al carisma di alcune figure criminali capaci di interagire in tutto il territorio della provincia foggiana.
Nel Basso Tavoliere il ruolo dominante ed indiscusso nel controllo del territorio spetta sicuramente alla malavita cerignolana che grazie al suo modus operandi sempre più complesso e sofisticato si è subdolamente infiltrata e mimetizzata nei più importanti segmenti economico-finanziari. La straordinaria capacità di mutare e di rigenerarsi in modo strutturato dando così continuità alle attività ed ai traffici illeciti le ha consentito di affermarsi non solo nel quadro provinciale ma su tutto il territorio nazionale e in alcune occasioni persino di superare i confini italiani.
Cinque reali siti: il dominio del gruppo Gaeta di Orta Nova
Nell’intera area dei cinque reali siti continua a registrarsi un tessuto criminale fortemente caratterizzato dall’egemonia del gruppo Gaeta di Orta Nova strettamente legato anche da vincoli parentali alla famiglia foggiana dei Moretti così come emerge dall’operazione “Fortino” conclusa dai carabinieri il 20 dicembre 2021 “che trova la sua genesi nelle operazioni investigative espletate nell’ambito del procedimento penale…” connesso con l’operazione denominata “Jolly” (2020). L’indagine ha evidenziato le strategie delittuose seguite dal clan Gaeta nell’illecito settore degli stupefacenti svelando un circuito criminale dedito allo spaccio a San Severo che aveva nella città di Orta Nova il proprio canale di approvvigionamento. Tra gli indagati figurano due elementi legati per vincoli di parentela ad un boss ucciso in un agguato mafioso a San Severo il 24 maggio 2017 e altri due soggetti esponenti della criminalità del Basso Tavoliere.
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Sempre riguardo all’area geografica dei cinque reali siti il sodalizio dei Masciavè stanziato da oltre un ventennio nella cittadina di Stornara risentirebbe dell’influenza della criminalità organizzata cerignolana che utilizzerebbe quel territorio come base logistica per le proprie attività illecite.
Affermandosi quale mafia degli affari la malavita cerignolana rappresenta l’unica realtà capace di non subire ripercussioni sotto l’aspetto degli equilibri interni a fronte dei riassetti e le fibrillazioni in atto nelle vicine aree. Le ingenti disponibilità di mezzi e risorse economiche hanno consentito al gotha di quell’organizzazione mafiosa i cui più alti rappresentanti si individuano nei vertici del clan Piarulli una progressiva azione di espansione economica “occupando” aree delle province di Foggia e della BAT attraverso l’infiltrazione nel tessuto economico di quei territori resa possibile da un efficace sistema di reimpiego e schermatura dei proventi illeciti.
Cerignola: rapine, dinamismo nel settore delle armi e inserimento criminalità straniera
L’area di Cerignola si conferma epicentro per quella parte della criminalità comune legata alle azioni predatorie che ruotano intorno alle rapine ai tir ed ai furti di autovetture e mezzi pesanti. Tale tipo di criminalità è caratterizzata da proprie specifiche connotazioni che la qualificano anche su scala nazionale e che si possono riassumere nel pendolarismo, in una spiccata efferatezza, nonché nella specializzazione e mutevolezza degli assetti con riferimento alla capacità di integrarsi secondo le contingenti esigenze operative.
Lo stesso dinamismo si riscontra anche nel settore delle armi e degli stupefacenti, in cui la città di Cerignola si conferma snodo cruciale per l’intera regione anche grazie alla capacità di disporre di più canali di approvvigionamento.
L’inserimento della criminalità straniera nella Provincia di Foggia è limitato ma non trascurabile. I cittadini dell’est prevalentemente albanesi, rumeni e bulgari, vengono talvolta impiegati dalla criminalità organizzata per attività predatorie come furti e rapine ovvero per svolgere attività illecite in occasione di singoli episodi.
I gruppi africani la cui presenza è divenuta significativa nel territorio, operano nell’induzione e nello sfruttamento della prostituzione, nonché nel settore dell’immigrazione clandestina, nel traffico di sostanze stupefacenti e nel caporalato.
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