SAN VITO DEI NORMANNI- “Quando cammino tra gli ulivi rivedo mio nonno, la mia identità e una storia da salvare e salvaguardare: una storia di resilienza” dice Danilo Alfonso Prete raccontando la soddisfazione per aver ricevuto il riconoscimento delle Tre foglie d’oro nella guida Oli d’Italia del Gambero Rosso 2022.
“È davvero dura per chi si adopera in simbiosi e nel rispetto della natura, ma circa dieci anni fa ho avuto il desiderio di convertire i terreni passando al biologico, così è nata la mia azienda Tatamà” prosegue parlando dei maestosi 500 ulivi che si ergono a meno di quattro chilometri dall’oasi naturale di Torre Guaceto.
Danilo Alfonso Prete coltiva prettamente la Cellina di Nardò per cui ha già ricevuto il riconoscimento delle Due foglie nella guida Oli d’Italia del 2021 e fa parte del presidio Slow Food.
“Tatamà, nasce da ‘tata’, termine che nel nostro dialetto indica il “papà”, e dal nome di mio nonno, Tommaso e poiché ho un legame viscerale con la terra e le tradizioni, ho deciso di dedicare alla mia famiglia il nome dell’azienda agricola” prosegue Danilo Alfonso Prete mentre passeggia tra i suoi ulivi e li guarda come se fossero suoi figli.
“Mio nonno diceva che la campagna non è quando hai tempo, ma l’agricoltura è il tempo. Se è tempo di fare qualcosa, la devi fare” e prende in mano la bottiglia di olio, la apre e lo fa colare su una fetta di pane. Il suo colore è verde smeraldo, luccica e ha un gusto corposo.
Danilo Alfonso Prete ha 38 anni e un impiego presso uno stabilimento brindisino e “quando esco dal lavoro, la mia giornata continua sui miei terreni. Le giornate sono pesanti, non esistono domeniche, Ferragosto, vigilie di feste varie e a volte ammetto che non è semplice combinare entrambe le attività”.
Ma la sua, appunto, è una storia di resilienza “che ci porta a essere in campo, a effettuare i giusti trattamenti agli alberi, cercando di inoculare nel terreno le tradizioni che mi ha tramandato mio nonno, conservando e preservando un patrimonio”.
Danilo Prete ha ripreso l’antico modo di concimazione, facendo fermentare il letame. “I nostri nonni avevano in mano il letame e quella era la fonte, l’ho manipolato aggiungendo cariche batteriche, minerali, alghe e ceneri” e segue step by step i processi che conducono all’olio di Cellina di Nardò e di cui anche il Post international ha scritto, invitando i lettori ad assaporare il suo oro colato pugliese tra storia e futuro.
“Sono un piccolo Davide che si è scontrato con i Golia per prendersi le Tre foglie del Gambero Rosso” conclude Danilo Alfonso Prete che ha in cantiere nuovi progetti alimentari per la propria azienda Tatamà. Curiosi di scoprirli? Seguite il sito www.tatamaaziendaagricola.com
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